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Misura dei potenziali elettrodici ed elettrodi di riferimento

13Consideriamo un elettrodo ad $Ag^+/Ag$, il cui potenziale elettrodico di equilibrio e' dato da:

\begin{eqnarray*}
E&=&E^{\circ}_{Ag^+/Ag}-\frac{RT}{F}\ln\left[Ag^+\right]\\
\end{eqnarray*}



Questa espressione puo' essere facilmente posta nella forma:

\begin{eqnarray*}
\left[Ag^+\right]&=&\frac{F}{RT}\exp(E^{\circ}_{Ag^+/Ag}-E)
\end{eqnarray*}



il che suggerirebbe un impiego immediato di questo elettrodo per la determinazione della concentrazione di ioni $Ag^+$ in una soluzione: immergiamo nella soluzione da analizzare un filo di $Ag$, misuriamo $E$ e $T$, i valori di $E^{\circ}_{Ag^+/Ag}$, $R$ e $F$ sono tabulati e quindi ricaviamo la concentrazione incognita di ioni argento.

Purtroppo, la semplice procedura descritta non e' possibile perche' la misura diretta del potenziale elettrodico di un singolo elettrodo non e' sperimentalmente accessibile.

Esistono argomenti rigorosi che dimostrano quanto detto, ma questi vanno oltre il livello a cui vogliamo mantenerci. Tuttavia, possiamo convincerci ugualmente bene dell'impossibilita' di misurare un singolo potenziale elettrodico immaginando un semplice esperimento.

14Una differenza di potenziale elettrico si misura con uno strumento detto voltmetro (o potenziometro). Esso e' costituito da una ``scatola nera'' (il cui funzionamento non ci interessa) da cui escono due cavi che terminano con dei puntali metallici contrassegnati generalmente con i simboli $\oplus$ e $\ominus$ (generalmente, il cavo del puntale $\oplus$ e' di colore rosso, mentre quello del puntale $\ominus$ e' di colore nero). Ponendo in contatto i puntali con due punti di un circuito elettrico, lo strumento fornisce la differenza di potenziale fra i due punti. Tale differenza e' letta dallo strumento come:


\begin{displaymath}
ddp=\fbox {\parbox{0.4\linewidth}{potenziale del punto in co...
...dth}{potenziale del punto
in contatto col puntale {$\ominus$}}}\end{displaymath}

(quindi, scambiando i due puntali, si ottiene lo stesso valore della differenza di potenziale, ma cambiato di segno)

Immaginiamo allora di voler misurare il potenziale elettrodico di una semicella ad $Ag^+/Ag$ con un voltmetro (figura 1.3). Ricordiamo che, per definizione, il potenziale elettrodico di questa semicella e' la differenza di potenziale fra il filo di argento e la soluzione. Quindi, per misurare questa differenza di potenziale con il voltmetro, dovremmo toccare il filo metallico con il puntale $\oplus$ e la soluzione con quello $\ominus$.

Figura: Il tentativo di misurare un singolo potenziale elettrodico con un voltmetro: i diversi colori indicano le parti del circuito in cui il potenziale elettrico e' costante.

\begin{psfrags}
\psfrag{oplus}{{$\oplus$}}
\psfrag{ominus}{{$\ominus$}}
\psfrag{...
...gPlus}{{$Ag^+$}}
\psfrag{M}{{$M$}}
\includegraphics {voltmeter.eps}\end{psfrags}

Ma, quando immergiamo il puntale $\ominus$ del voltmetro nella soluzione, si realizza inevitabilmente una seconda semicella, in cui la parte metallica (il conduttore elettronico) e' il puntale del voltmetro e la soluzione e' la stessa della semicella $Ag^+/Ag$. Ne segue che il voltmetro non misurera' il potenziale elettrodico della semicella $Ag^+/Ag$, ma quello della cella elettrochimica costituita dall'accoppiamento della semicella $Ag^+/Ag$ con la semicella ottenuta all'atto dell'immersione del puntale $\ominus$ del voltmetro nella soluzione.

E' importante comprendere bene che cosa misura il voltmetro in questo esperimento. A tale scopo dobbiamo conoscere alcune semplici proprieta' del potenziale elettrico. La prima e' che il potenziale elettrico in tutti i punti di un conduttore metallico o di una soluzione si puo' considerare con buona approssimazione costante; la seconda e' che la differenza di potenziale fra due punti di un qualsiasi circuito elettrico e' sempre esprimibile come somma algebrica delle differenze di potenziale ``parziali'' incontrate lungo il percorso fra i due punti in questione (una differenza di potenziale e' come il dislivello totale di una montagna, che puo' essere espresso come somma algebrica di tutti i dislivelli parziali che si incontrano lungo il percorso per raggiungere la vetta).

Il puntale $\oplus$ del voltmetro in contatto con il filo di argento rappresenta un unico conduttore metallico il cui potenziale elettrico avra' lo stesso valore in tutti i punti (diciamo che il volume di questo conduttore e' equipotenziale): chiamiamo $E(Ag)$ tale potenziale elettrico; il puntale $\ominus$ del voltmetro costituisce un secondo conduttore metallico equipotenziale: indichiamo con $E(M)$ il valore del suo potenziale ($M$ sta ad indicare il metallo di cui e' fatto il puntale); chiaramente, $E(Ag)$ ed $E(M)$ sono diversi e il display del voltmetro fornisce proprio la loro differenza: $E(Ag)-E(M)$. Il significato di questa differenza si puo' comprendere se la decomponiamo nei contributi parziali che si incontrano andando dal puntale $\oplus$ al puntale $\ominus$. Con riferimento alla figura 1.3, se partiamo dal puntale $\oplus$ e ci muoviamo all'interno di esso o del filo di argento, il potenziale e' sempre lo stesso; quando passiamo dal filo di argento alla soluzione, incontriamo una prima differenza di potenziale: indicando con $E(S)$ il potenziale (comune a tutti i punti) della soluzione, questa prima differenza di potenziale e' $\Delta{}E_1=E(Ag)-E(S)$. Una volta nella soluzione, il potenziale rimane costante finche' passiamo nel puntale $\ominus$: in questo passaggio registreremo una differenza di potenziale data da $\Delta{}E_2=E(S)-E(M)$. Il puntale $\ominus$ e' equipotenziale e quindi non ci sono altri contributi alla differenza di potenziale totale che il voltmetro misura.

In sostanza, indicando con $\mathit{ddp}$ la differenza di potenziale totale misurata dal voltmetro, si ha (in base alla seconda proprieta' del potenziale elettrico prima accennata):

\begin{eqnarray*}
\mathit{ddp}&=&\Delta{}E_1+\Delta{}E_2\\
&=&E(Ag)-E(S)+E(S)-E(M)\\
&=&E(Ag)-E(S)-[E(M)-E(S)]\\
\end{eqnarray*}



Vediamo quindi che il voltmetro misura la differenza fra i due termini $(E(Ag)-E(S))$ e $(E(M)-E(S))$. In base alla definizione che abbiamo dato di potenziale elettrodico (punto 4), riconosciamo nel termine $(E(Ag)-E(S))$ il potenziale elettrodico del sistema $Ag^+/Ag$; analogamente, il termine $(E(M)-E(S))$ rappresenta il potenziale elettrodico dell'elettrodo costituito dal metallo $M$ immerso in una soluzione contenente ioni $Ag^+$ (non e' banale, ne' importante ai fini della discussione, sapere qual'e' la reazione elettrodica che caratterizza questo secondo elettrodo). Se indichiamo questi due potenziali elettrodici con la notazione usuale $E_{Ag^+/Ag}$ e $E_{M/Ag^+}$, otteniamo:

\begin{eqnarray*}
\mathit{ddp}&=&E_{Ag^+/Ag}-E_{M/Ag^+}
\end{eqnarray*}



Questo risultato e' molto importante perche' ci mostra che, mentre un singolo potenziale elettrodico non si puo' misurare, e' possibile misurare la differenza fra due potenziali elettrodici di due semicelle accoppiate a formare una cella elettrochimica.

15.  In generale, una cella elettrochimica e' costituita da due semicelle, ciascuna caratterizzata da una coppia redox ben definita (figura 1.4). Ad esempio, potremmo accoppiare una semicella ad $Ag^+/Ag$ con una semicella a $Fe^{3+}/Fe^{2+}$, oppure un elettrodo a $Cu^{2+}/Cu$ con uno a $Zn^{2+}/Zn$. In ogni caso, la differenza di potenziale che si misura con un voltmetro toccando con i puntali i due metalli delle semicelle e' uguale (a meno di una piccola complicazione che tratteremo fra breve) alla differenza fra i due potenziali elettrodici (potenziale elettrodico della semicella in contatto col puntale $\oplus$ meno potenziale elettrodico della semicella in contatto col puntale $\ominus$).

Figura 1.4: Una generica cella elettrochimica.

\begin{psfrags}
\psfrag{oplus}{{$\oplus$}}
\psfrag{ominus}{{$\ominus$}}
\psfrag{...
...Rid}_2$}}
\psfrag{voltmetro}{voltmetro}
\includegraphics {cell.eps}\end{psfrags}

Se indichiamo con $E_{\mathit{Oss}_1/\mathit{Rid}_1}$ il potenziale elettrodico della semicella collegata al puntale $\oplus$ del voltmetro (e caratterizzata dalla coppia redox $\mathit{Oss}_1/\mathit{Rid}_1$) e con $E_{\mathit{Oss}_2/\mathit{Rid}_2}$ quello della seconda semicella (in cui reagisce la coppia redox $\mathit{Oss}_2/\mathit{Rid}_2$) (figura 1.4), allora si ha:

\begin{eqnarray*}
\mathit{ddp}&=&E_{\mathit{Oss}_1/\mathit{Rid}_1}-E_{\mathit{Oss}_2/\mathit{Rid}_2}
\end{eqnarray*}



16.  Siccome un singolo potenziale elettrodico non e' misurabile, si e' convenuto di assegnare arbitrariamente il valore di $0.00\;V$ al potenziale standard di una semicella di riferimento e di esprimere poi il potenziale di qualsiasi altro elettrodo relativamente al riferimento. La semicella al cui potenziale standard e' stato assegnato il valore nullo e' l'elettrodo standard a idrogeno (SHE: Standard Hydrogen Electrode). Abbiamo gia' visto come e' costituito un elettrodo a idrogeno (punto 12): nell'elettrodo standard a idrogeno la concentrazione di ioni idrogeno nella soluzione e la pressione parziale di idrogeno su di essa sono unitarie. In tal modo, dall'equazione di Nernst, il potenziale elettrodico di questa semicella coincide con il suo potenziale standard (punto 11). Il fatto essenziale, al di la' del valore numerico assegnato al potenziale dell'SHE, e' che esso e' costante (una volta fissata la concentrazione degli ioni idrogeno e la pressione parziale dell'idrogeno gassoso sopra la soluzione). Per assegnare il potenziale a qualsiasi altro elettrodo relativamente all'SHE, si costruisce una cella in cui l'elettrodo in questione viene accoppiato con un SHE (figura 1.5): con un voltmetro si misura la differenza di potenziale fra l'elettrodo di cui si vuole conoscere il potenziale relativo e il filo di $Pt$ dell'SHE; come abbiamo appena visto, la differenza di potenziale misurata e':

\begin{eqnarray*}
\mathit{ddp}&=&E_{\mathit{Oss}_1/\mathit{Rid}_1}-E_{SHE}
\end{eqnarray*}



Avendo posto $E_{SHE}=0.00\;V$, segue che la differenza di potenziale misurata dal voltmetro coincide con il potenziale elettrodico relativo della semicella considerata (l'aggettivo relativo significa quindi che questo valore dipende dal fatto che abbiamo scelto di assegnare il valore $0.00\;V$ all'SHE, ovvero, identicamente, che viene espresso come differenza fra il potenziale elettrodico ``assoluto'' della semicella e il potenziale elettrodico ``assoluto'' dell'SHE). Chiaramente, se nella semicella accoppiata con l'SHE la concentrazione di tutte le specie partecipanti alla semireazione redox e' unitaria, la differenza di potenziale misurata con il voltmetro coincide con il potenziale standard relativo della semicella.

Figura 1.5:

\begin{psfrags}
\psfrag{oplus}{{$\oplus$}}
\psfrag{ominus}{{$\ominus$}}
\psfrag{...
...l]{{$Pt$}}
\psfrag{voltmetro}{voltmetro}
\includegraphics {she.eps}\end{psfrags}

17.  Il fatto di poter definire solo potenziali elettrodici relativi non rappresenta un problema. Infatti, in primo luogo, la differenza fra due potenziali elettrodici relativi e' uguale alla differenza fra i loro valori ``assoluti''. Cio' segue immediatamente dalla definizione di potenziale relativo che abbiamo dato: se indichiamo con $E_{\mathit{Oss}_1/\mathit{Rid}_1}$ e $E_{\mathit{Oss}_2/\mathit{Rid}_2}$ i potenziali elettrodici ``assoluti'' di due coppie redox qualsiasi, allora si ha:

\begin{eqnarray*}
\overbrace{E_{\mathit{Oss}_1/\mathit{Rid}_1}-E_{\mathit{Oss}_2...
...athit{Rid}_2}-E_{SHE}\right)}_{\mathrm{potenziali\ relativi}}\\
\end{eqnarray*}



Inoltre l'equazione di Nernst mantiene inalterata la sua forma se invece del potenziale ``assoluto'' si usa quello relativo. Se indichiamo con l'indice $\mathit{ass}$ i valori ``assoluti'' e con l'indice $\mathit{rel}$ quelli relativi, allora, prendendo l'esempio della coppia $Fe^{3+}/Fe^{2+}$, si ha:

\begin{eqnarray*}
E_{\mathit{ass}}&=&E^\circ_{Fe^{3+}/Fe^{2+},\mathit{ass}}+\fra...
...ac{RT}{F}\ln\frac{\left[Fe^{3+}\right]}{\left[Fe^{2+}\right]}\\
\end{eqnarray*}



Apparentemente, quindi, il potenziale elettrodico che compare nella legge di Nernst puo' essere pensato indifferentemente come relativo (definito rispetto all'SHE) o ``assoluto'' (non misurabile).

18.  La scelta dell'SHE come elettrodo di riferimento, pur essendo quella internazionalmente riconosciuta, non e' sicuramente l'unica possibile ne' la piu' conveniente: qualsiasi semicella il cui potenziale elettrodico sia costante e riproducibile puo' servire da riferimento. Naturalmente, il valore numerico di un potenziale relativo cambia al variare dell'elettrodo di riferimento: tuttavia, e' sempre possibile convertire un potenziale elettrodico misurato rispetto ad un riferimento diverso dall'SHE nel corrispondente valore rispetto all'SHE. Infatti, se indichiamo con $E$ il potenziale ``assoluto'' di una data semicella, con $E_{\mathit{RIF}}$ il potenziale ``assoluto'' di una semicella di riferimento (diversa dall'SHE) e con $E_{\mathit{SHE}}$ il potenziale ``assoluto'' dell'SHE, allora si puo' scrivere:

\begin{eqnarray*}
E-E_{\mathit{SHE}}&=&E-E_{\mathit{SHE}}+E_{\mathit{RIF}}-E_{\m...
...thit{RIF}}\right)+\left(E_{\mathit{RIF}}-E_{\mathit{SHE}}\right)
\end{eqnarray*}



il che mostra che il potenziale di una semicella riferito all'SHE $\left(E-E_{\mathit{SHE}}\right)$ si ottiene sommando il suo potenziale riferito a un qualsiasi altro riferimento $\left(E-E_{\mathit{RIF}}\right)$ al potenziale relativo all'SHE della semicella usata come riferimento $\left(E_{\mathit{RIF}}-E_{\mathit{SHE}}\right)$.

Questo risultato e' espresso graficamente nella figura 1.6, dove, sull'asse dei potenziali ``assoluti'', sono indicati $E$, $E_{\mathit{RIF}}$ ed $E_{\mathit{SHE}}$ e viene mostrata la relazione fra essi.

Figura 1.6: Un potenziale relativo a un riferimento qualsiasi puo' essere espresso relativamente all'SHE conoscendo il potenziale del riferimento qualsiasi rispetto all'SHE
\begin{figure}
\begin{center}
{$
\begin{xy}
(0,0);
p+/u50mm/**\dir{-},?>*\dir{>}...
...p+/l2mm/*!R{\left(E-E_{\mathit{SHE}}\right)}
\end{xy}$}
\end{center}\end{figure}

19.  Nel concetto di potenziale relativo che abbiamo introdotto non c'e' nulla di ``esoterico''. Potremmo definire in modo assolutamente identico una statura relativa in una classe di studenti. Prendiamo uno studente di riferimento e definiamo la statura relativa di uno studente qualsiasi come la differenza fra la sua statura ``assoluta'' e quella dello studente di riferimento. In tal modo, se uno studente ha una statura relativa di $10\;cm$ cio' significa semplicemente che egli e' piu' alto dello studente di riferimento di $10\;cm$; analogamente, uno studente che abbia una statura relativa di $-8\;cm$ sara' piu' basso dello studente di riferimento di $8\;cm$. Appare evidente che definire la statura relativa in questo modo e' equivalente ad assegnare allo studente di riferimento una statura nulla (esattamente come abbiamo fatto per il potenziale dell'SHE). E' chiaro inoltre che la statura relativa di uno studente sara' diversa per diverse scelte dello studente di riferimento. Infine, e' sempre possibile convertire una statura relativa riferita ad un certo studente nella statura relativa riferita ad uno studente diverso: se la statura relativa di Marco rispetto a Ottavia e' $23\;cm$ e la statura relativa di Ottavia rispetto ad Andrea e' $4\;cm$, allora la statura relativa di Marco rispetto al ``riferimento'' Andrea sara' $(23+4)=27\;cm$ (vi appare chiaro il parallelo con la figura 1.6?)

20L'elettrodo standard a idrogeno non e' molto comodo da usare in pratica. Per questo motivo, vengono usati come riferimenti altri elettrodi piu' semplici da costruire e utilizzare. Due elettrodi di riferimento molto usati sono l'elettrodo ad $AgCl/Ag$ e quello a calomelano, che abbiamo gia' visto al punto 3. Essi sono schematicamente illustrati nella figura 1.7.

Figura 1.7: Due elettrodi di riferimento molto usati: l'elettrodo ad $AgCl/Ag$ e l'elettrodo a calomelano

\begin{psfrags}
\psfrag{pt}[l]{{$Pt$}}
\psfrag{ag}[l]{{$Ag$}}
\psfrag{agcl}[l]{{...
..._2/Hg$}}
\psfrag{kcl}[l]{{$KCl$}}
\includegraphics {references.eps}\end{psfrags}

Come abbiamo visto a pagina [*], il potenziale dell'elettrodo ad $AgCl/Ag$ e' dato da:

\begin{eqnarray*}
E&=&E^{\circ}_{AgCl/Ag}-\frac{RT}{F}\ln\left[Cl^-\right]
\end{eqnarray*}



da cui si vede che, una volta fissata la concentrazione di ioni $Cl^-$ in soluzione, il potenziale elettrodico e' costante (questa e' la condizione per poter usare l'elettrodo come riferimento). Il modo piu' banale di fissare la concentrazione di ioni $Cl^-$ e' quello di saturare la soluzione con un sale come $KCl$: in presenza di un corpo di fondo di $KCl$ indisciolto siamo certi che la soluzione e' satura e che, pertanto, la concentrazione di ioni $Cl^-$ al suo interno e' costante (a temperatura costante).

L'elettrodo a calomelano e' basato sulla semireazione (punto 3):

\begin{eqnarray*}
Hg_2{Cl_2}_{(s)}+2e&=&2Hg_{(l)}+2Cl^-
\end{eqnarray*}



e quindi il suo potenziale e' dato da:

\begin{eqnarray*}
E&=&E^{\circ}_{Hg_2{Cl_2}/Hg}-\frac{RT}{2F}\ln\left[Cl^-\right]^2
\end{eqnarray*}



($Hg_2{Cl_2}$ e' solido e $Hg$ e' un liquido puro, quindi le loro concentrazioni sono incluse nel termine $E^{\circ}_{Hg_2{Cl_2}/Hg}$)

Anche in questo caso il potenziale dipende dalla sola concentrazione di ioni $Cl^-$, che puo' essere facilmente mantenuta costante operando con una soluzione satura di $KCl$.

Da quanto detto dovrebbe essere evidente la praticita' di costruzione e uso di questi due elettrodi rispetto all'elettrodo standard ad idrogeno.

21.  Facciamo il punto della situazione.


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