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Il potenziale elettrodico

4Quando un sistema elettrodico raggiunge l'equilibrio, si crea una separazione di carica elettrica fra metallo e soluzione: sul metallo si accumula un eccesso di carica (positiva o negativa), controbilanciato da una quantita' di carica uguale ma di segno opposto nella soluzione; si puo' dire equivalentemente che in tali condizioni esiste una differenza di potenziale elettrostatico fra metallo e soluzione. Questa differenza di potenziale, che per convenzione e' sempre misurata come differenza fra il potenziale del metallo e quello della soluzione (e non viceversa), si chiama potenziale elettrodico e si indica generalmente con il simbolo $E$.

Lo scopo della discussione che segue e' quello di giustificare in modo semplice cio' che abbiamo appena enunciato.

5.  Tanto per fissare le idee, consideriamo un sistema elettrodico particolarmente semplice: un filo di $Ag$ immerso in una soluzione di $AgNO_3$.

Prima di venire immerso nella soluzione, il filo di argento e' elettricamente neutro, cioe' la sua carica elettrica risultante e' nulla. A questo proposito, conviene pensare il filo di $Ag$ come costituito da un reticolo fisso di ioni $Ag^+$ permeato dal ``gas'' degli elettroni di valenza (ogni atomo di argento contribuisce un elettrone di valenza): il fatto che inizialmente il filo sia elettricamente neutro significa semplicemente che ogni ione $Ag^+$ del reticolo e' neutralizzato dal suo elettrone di valenza.

Inizialmente, la neutralita' elettrica vale anche per la soluzione, dove ogni ione $Ag^+$ e' neutralizzato da un corrispondente controione $NO_3^-$.

Appena si immerge il filo di argento nella soluzione, la semireazione elettrodica relativa alla coppia redox $Ag^+/Ag$ comincia ad avvenire. Tale reazione consiste di due processi che sono uno l'inverso dell'altro:

\begin{eqnarray*}
Ag^++e&\rightarrow&Ag\\
Ag&\rightarrow&Ag^++e
\end{eqnarray*}



6.  Ciascuno di questi due processi provoca dei cambiamenti nella concentrazione e nella distribuzione della carica elettrica fra metallo e soluzione.

La riduzione tende a produrre un eccesso di carica positiva nel filo metallico e un corrispondente eccesso di carica negativa nella soluzione: infatti, man mano che ioni argento (cioe' particelle con carica elettrica positiva) abbandonano la soluzione per depositarsi sul metallo, questo si carica positivamente (ogni ione $Ag^+$ ``nuovo arrivato'' non ha un elettrone di valenza che lo neutralizzi); d'altro canto, nella soluzione rimangono ioni $NO_3^-$ (cioe' particelle con carica elettrica negativa) in eccesso.

E' chiaro, inoltre, che la riduzione provoca altresi' una diminuzione della concentrazione di ioni $Ag^+$ nella soluzione.

La ossidazione tende a produrre effetti contrari a quelli della riduzione. Ogni atomo di argento che abbandona il metallo passando in soluzione come ione monopositivo, lascia sul filo di argento il suo elettrone di valenza, cioe' una carica negativa; inoltre, gli ioni $Ag^+$ che passano in soluzione non sono neutralizzati da alcun controione e quindi determinano un accumulo di carica positiva nella soluzione.

Per quanto riguarda i cambiamenti di concentrazione, e' ovvio che l'ossidazione tende a produrre un aumento della concentrazione di ioni $Ag^+$ nella soluzione.

7La cosa importante e' che la riduzione e l'ossidazione avvengono contemporaneamente e quindi i cambiamenti netti nella distribuzione della carica elettrica e nella concentrazione dipenderanno dalla velocita' relativa dei due processi.

Se inizialmente la riduzione e' piu' veloce dell'ossidazione, cio' significa che, nell'unita' di tempo, sono piu' gli ioni $Ag^+$ che dalla soluzione si depositano sul metallo che non quelli che dal metallo passano in soluzione ; conseguentemente, il metallo assumera' una carica netta positiva (e la soluzione una corrispondente carica netta negativa) e la concentrazione di ioni $Ag^+$ in soluzione diminuira'. Ad esempio, se in $1\;s$ $10$ ioni $Ag^+$ si depositano sul metallo e solo $7$ atomi di $Ag$ lo abbandonano per andare in soluzione, si e' avuto un passaggio netto di $3$ ioni $Ag^+$ dalla soluzione al metallo; conseguentemente, sul metallo si e' accumulata una carica positiva netta pari a $+3$ e nella soluzione si e' accumulata una carica netta negativa pari a $-3$ (cioe' ci sono $3$ ioni $NO_3^-$ non neutralizzati da corrispondenti ioni $Ag^+$); inoltre, la concentrazione di ioni $Ag^+$ in soluzione ha avuto un calo netto corrispondente alla scomparsa di $3$ ioni $Ag^+$.

Se l'ossidazione e' inizialmente piu' veloce della riduzione, cio' vuol dire che, nell'unita' di tempo, sono piu' gli ioni $Ag^+$ che dal metallo vanno in soluzione che non quelli che dalla soluzione si depositano sul metallo; la conseguenza e' che, in questo caso, il metallo assumera' una carica netta negativa (e la soluzione una corrispondente carica netta positiva) e la concentrazione di ioni $Ag^+$ in soluzione aumentera'.

8.  I cambiamenti dovuti al fatto che le velocita' iniziali della riduzione e dell'ossidazione sono (in generale) diverse non continuano pero' all'infinito. Infatti vedremo fra un momento che, proprio a causa di questi cambiamenti, il processo inizialmente piu' veloce viene progressivamente rallentato e quello inizialmente piu' lento viene progressivamente accelerato finche', inevitabilmente, si raggiunge la situazione in cui le due velocita' diventano uguali.

E' questa la condizione di equilibrio dinamico, che caratterizza tutte le reazioni chimiche: da questo momento in poi la separazione di carica e la concentrazione in soluzione rimangono costanti nel tempo.

9Per comprendere bene come mai le velocita' della riduzione e della ossidazione, inizialmente diverse, inevitabilmente finiscano per uguagliarsi, facciamo riferimento alla figura 1.2 dove e' schematizzato un elettrodo ad $Ag^+/Ag$ a diversi istanti di tempo: la freccia diretta verso destra rappresenta la velocita' di ossidazione mentre quella diretta verso sinistra rappresenta la velocita' di riduzione (il verso delle frecce e' stato fatto arbitrariamente coincidere con la direzione di movimento degli ioni $Ag^+$: cioe', l'ossidazione produce un flusso di ioni $Ag^+$ dalla sbarretta metallica alla soluzione, mentre la riduzione causa il movimento degli ioni $Ag^+$ dalla soluzione al metallo).

Figura 1.2: Il raggiungimento dell'equilibrio in un elettrodo $Ag^+/Ag$: la freccia verso destra rappresenta l'ossidazione mentre quella verso sinistra rappresenta la riduzione. La lunghezza delle frecce e' proporzionale alla velocita' dei due processi.

\begin{psfrags}
\psfrag{p}{{$\oplus$}}
\psfrag{m}{{$\ominus$}}
\psfrag{ag}{{$Ag$...
...E}[c][c]{{$t\rightarrow\infty$}}
\includegraphics {equilibrium.eps}\end{psfrags}

Come si vede, abbiamo assunto che a $t=0$ l'ossidazione sia piu' veloce della riduzione (cioe' la freccia verso destra e' piu' lunga della freccia verso sinistra). In base a quanto gia' detto al punto 7, cio' implica che il metallo iniziera' a caricarsi negativamente e la concentrazione di ioni $Ag^+$ in soluzione aumentera'. Vediamo pero' cosa succede dopo che e' trascorso un piccolo intervallo di tempo (figura 1.2, $t=t_1$).

Sul metallo si e' accumulato un eccesso di carica negativa e nella soluzione si trova un corrispondente eccesso di carica positiva. Tutti sappiamo che cariche elettriche dello stesso segno si respingono e cariche di segno opposto si attraggono. Sulla base di questa semplice considerazione, giungiamo alla conclusione che la separazione di carica venutasi a creare ostacolera' la reazione di ossidazione e facilitera' quella di riduzione. Infatti per uno ione $Ag^+$ sara' ora piu' difficile lasciare un elettrone (negativo) sul metallo che contiene un eccesso di carica negativa e andare in soluzione dove si trova un eccesso di carica positiva (che lo ``respinge''). Viceversa, sara' piu' facile per uno ione $Ag^+$ abbandonare la soluzione (esso sara' ``spinto'' dall'eccesso di carica positiva) e depositarsi sul metallo (che lo ``attirera' '' grazie all'eccesso di carica negativa). Vediamo quindi che la separazione di carica prodotta inizialmente provoca proprio un rallentamento del processo piu' veloce (l'ossidazione) e un'accelerazione del processo piu' lento (la riduzione), come avevamo preannunciato.

Oltre all'effetto della separazione di carica, c'e' da considerare anche quello dell' aumento di concentrazione di ioni $Ag^+$ in soluzione (l'effetto della concentrazione non e' rappresentato nella figura per non appesantirla troppo). In generale, la velocita' di un processo chimico cresce al crescere della concentrazione dei reagenti. Nel caso dell'ossidazione, il reagente e' l'argento metallico, la cui concentrazione rimane costante (sapreste dimostrarlo?). Nel caso della riduzione, invece, il reagente e' lo ione $Ag^+$, la cui concentrazione in soluzione e' aumentata (nell'ipotesi che stiamo considerando): cio' provochera', per quanto appena detto, un corrispondente aumento della velocita' della riduzione (il processo inizialmente piu' lento). La velocita' dell'ossidazione non risente invece di effetti di concentrazione (perche' la concentrazione dell'argento metallico non varia): anche i cambiamenti di concentrazione tendono quindi a ``livellare'' le velocita' della riduzione e dell'ossidazione.

Col trascorrere del tempo, la sbarretta di argento continua a caricarsi negativamente rispetto alla soluzione e la concentrazione di ioni $Ag^+$ continua a crescere, ma proprio percio' la velocita' dell'ossidazione continua a diminuire mentre quella della riduzione continua ad aumentare (figura 1.2, $t=t_2$, $t=t_3$): e' inevitabile che queste due velocita' finiscano per diventare uguali (figura 1.2, $t\rightarrow\infty$). In tali condizioni il numero di ioni $Ag^+$ che abbandonano il metallo nell'unita' di tempo a causa dell'ossidazione e' uguale a quello degli ioni $Ag^+$ che dalla soluzione si depositano sul metallo a causa della riduzione: ne segue che l'eccesso di carica negativa sul filo di argento e la concentrazione di ioni $Ag^+$ in soluzione smettono di aumentare e la differenza di potenziale fra metallo e soluzione (in questo esempio negativa) non varia piu' nel tempo. Il sistema elettrodico ha raggiunto l'equilibrio e la differenza di potenziale che si e' cosi' stabilita fra il filo di argento e la soluzione e' cio' che si definisce potenziale elettrodico.

E' importante osservare che, in condizioni di equilibrio, l'ossidazione e la riduzione non si sono fermate, ma continuano ad avvenire entrambe alla stessa velocita' (con riferimento alla figura, le frecce non sono scomparse, ma sono diventate della stessa lunghezza).

10.  Nell'esempio considerato, abbiamo fatto l'ipotesi che, inizialmente, l'ossidazione fosse piu' veloce della riduzione: provate a ripetere il ragionamento nel caso opposto in cui la riduzione sia inizialmente piu' veloce dell'ossidazione.

Per inciso: e se le due velocita' iniziali sono identiche? Nulla di nuovo: significa semplicemente che il sistema si trova gia' all'equilibrio; non si avra' alcun accumulo di carica ne' variazioni di concentrazione: il potenziale elettrodico in questo caso sara' pari a $0.00\;V$.

Abbiamo discusso il caso di un elettrodo ad $Ag^+/Ag$, ma gli stessi argomenti si applicano in modo identico a qualsiasi altro sistema elettrodico. Provate a descrivere da soli cio' che accade quando si immerge un filo di $Pt$ in una soluzione contenente concentrazioni date di ioni $Fe^{2+}$ e $Fe^{3+}$. L'unica variante, in questo caso, e' che nessuno dei due membri della coppia redox si deposita sull'elettrodo, il cui unico scopo e' quello di fornire elettroni alla forma ossidata o accettarne dalla forma ridotta:

\begin{eqnarray*}
Fe^{3+}+e&=&Fe^{2+}\\
Fe^{2+}&=&Fe^{3+}+e\\
\end{eqnarray*}



Analogamente all'esempio precedente, la riduzione tende ad accumulare carica positiva sul metallo (carica negativa in soluzione), a diminuire la concentrazione di ioni $Fe^{3+}$ e ad aumentare quella degli ioni $Fe^{2+}$; l'ossidazione tende invece a fare esattamente il contrario. Inizialmente la velocita' dei due processi sara' diversa e quindi...

A beneficio di coloro che si trovano a proprio agio piu' con i numeri che con le parole, nell'appendice A e' sviluppato un semplicissimo modello che descrive matematicamente il raggiungimento dell'equilibrio di una semireazione e il concomitante instaurarsi del potenziale elettrodico.


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