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Esperienze di titolazione potenziometrica


Considerazioni generali

39Come abbiamo gia' detto in precedenza piu' volte, una titolazione potenziometrica non e' altro che un'usuale titolazione il cui progresso viene monitorato misurando la differenza di potenziale fra un elettrodo immerso nella soluzione che si sta titolando e un elettrodo di riferimento. Dal punto di vista pratico, si deve percio' allestire una cella elettrochimica: una semicella sara' il beaker in cui si esegue la titolazione e conterra' quindi l'elettrodo indicatore; l'altra semicella conterra' l'elettrodo di riferimento (figura 1.13). Normalmente, l'elettrodo di riferimento e' del tipo mostrato nella figura 1.8 e quindi viene immerso direttamente nella soluzione test, avendo cura che il setto poroso stia al di sotto della superficie (altrimenti le due semicelle non sono in contatto elettrico). Il setup sperimentale risulta grandemente semplificato se si usa un elettrodo combinato (punto 32 e figura 1.14).

In ogni caso, e' opportuno impiegare un agitatore magnetico per mescolare la soluzione test durante la titolazione. Dopo aver sistemato nel modo migliore la buretta e gli elettrodi (collegandoli al voltmetro!) si effettuano le aggiunte successive di soluzione titolante, annotando dopo ogni aggiunta il volume e la differenza di potenziale letta sul voltmetro. Le aggiunte possono essere di $1 -
2\;ml$ lontano dal punto finale, per ridursi a $\approx 0.5\;ml$ nelle sue immediate vicinanze: infatti, si ha interesse ad acquisire un maggior numero di punti sperimentali nella regione piu' importante della curva, che e' appunto quella centrata intorno al flesso (l'avvicinamento al punto finale e' indicato dall'aumento delle variazioni di differenza di potenziale per aggiunte di uguali volumi di soluzione titolante); e' opportuno lavare con poche gocce di acqua distillata la punta della buretta dopo ogni aggiunta (a questo scopo si puo' usare la spruzzetta). Per seguire piu' agevolmente l'andamento della titolazione, e' consigliabile diagrammare i dati (anche solo approssimativamente) mano a mano che vengono letti: si potra' in tal modo vedere subito chiaramente l'approssimarsi del punto finale. Prima di ogni successiva aggiunta, e' opportuno lasciar trascorrere un tempo sufficiente (qualche decina di secondi) affinche' la lettura rimanga stabile (il potenziale non deve variare piu' di $1 - 2\;mV$). Una volta raggiunto il punto finale, si procede con le aggiunte di soluzione titolante, aumentando nuovamente il volume di ogni singola aggiunta, fino ad ottenere un tratto di curva sufficientemente esteso.

Al termine dell'esperienza, si costruisce la curva di titolazione riportando in grafico la differenza di potenziale in funzione del volume di soluzione titolante aggiunto.

La determinazione del punto finale puo' essere effettuata con uno dei metodi discussi.


Titolazione di $Fe^{2+}$ con $Cr_2O_7^{2-}$

40.  Come gia' accennato (pagina [*]), lo ione $Cr_2O_7^{2-}$ ossida quantitativamente il $Fe^{2+}$ a $Fe^{3+}$ in ambiente acido, secondo:

\begin{eqnarray*}
6Fe^{2+}+Cr_2O_7^{2-}+14H^+&=&6Fe^{3+}+2Cr^{3+}+7H_2O
\end{eqnarray*}



Questa reazione viene sfruttata per la titolazione del $Fe^{2+}$ con soluzione standard di $K_2Cr_2O_7$, che si puo' preparare direttamente per pesata. Il punto finale puo' essere determinato ``convenzionalmente'' utilizzando opportuni indicatori. Tuttavia, la titolazione puo' essere seguita agevolmente per via potenziometrica. Infatti, come abbiamo gia' detto, il progresso della titolazione e' legato al rapporto $[Fe^{3+}]/[Fe^{2+}]$, che e' molto piccolo all'inizio e cresce fino a diventare molto grande dopo il punto finale, quando la concentrazione di ioni $Fe^{2+}$ in soluzione e' ridotta a valori estremamente piccoli. Se immergiamo nella soluzione un filo di platino, otteniamo un elettrodo a $Fe^{3+}/Fe^{2+}$ il cui potenziale elettrodico e' dato da:

\begin{eqnarray*}
E&=&E^\circ_{Fe^{3+}/Fe^{2+}}+\frac{RT}{F}\ln\frac{[Fe^{3+}]}{[Fe^{2+}]}
\end{eqnarray*}



Da questa relazione si vede che $E$ e' legato al rapporto $[Fe^{3+}]/[Fe^{2+}]$, e siccome quest'ultimo varia nel corso della titolazione, il potenziale elettrodico variera' di conseguenza e potra' cosi' servire per monitorare il corso della titolazione.

Naturalmente, ormai sappiamo bene che il potenziale elettrodico del sistema puo' essere misurato solo rispetto ad un elettrodo di riferimento (ad esempio il solito $AgCl/Ag$): in altre parole, dovremo allestire una cella elettrochimica in cui una semicella contiene la soluzione da titolare e l'altra contiene il sistema elettrodico di riferimento. La titolazione viene seguita misurando la differenza di potenziale fra l'elettrodo indicatore e l'elettrodo di riferimento dopo ogni aggiunta di soluzione titolante: l'apparecchiatura sperimentale in cui si usa un elettrodo combinato e' schematizzata nella figura 1.22.

Figura 1.22: Titolazione di $Fe^{2+}$ con soluzione standard di $K_2Cr_2O_7$ seguita per via potenziometrica con un elettrodo combinato.

\begin{psfrags}
\psfrag{dummy}{}
\psfrag{voltmeter}{voltmetro}
\psfrag{buret}{bu...
...$}}
\psfrag{ref}[l][l]{riferimento}
\includegraphics {fe2cr2o7.eps}\end{psfrags}

Un accorgimento conveniente per eseguire questa titolazione e' quello di aggiungere alla soluzione da titolare un eccesso di $H_3PO_4$, in presenza del quale il salto della curva di titolazione in corrispondenza al punto finale risulta piu' netto. Per comprendere il motivo di cio', bisogna premettere una considerazione generale, valida per qualsiasi titolazione: le variazioni di concentrazione che si verificano in corrispondenza al punto finale sono tanto maggiori (e quindi il punto finale e' determinabile tanto meglio) quanto piu' la reazione analitica su cui si basa la titolazione e' spostata verso i prodotti.

Lo ione $HPO_4^{2-}$ forma un complesso molto stabile con lo ione $Fe^{3+}$. Quando eseguiamo la titolazione in presenza di $H_3PO_4$, il $Fe^{3+}$ che si forma per ossidazione del $Fe^{2+}$ reagisce con gli ioni $HPO_4^{2-}$ secondo:

\begin{eqnarray*}
HPO_4^{2-}+Fe^{3+}&=&[Fe(HPO_4^{2-})]^+
\end{eqnarray*}



La concentrazione di ioni $HPO_4^{2-}$ in soluzione e' bassa perche' $H_3PO_4$ e' un acido debole e inoltre la titolazione viene condotta in ambiente fortemente acido (sia perche' la reazione analitica consuma ioni idrogeno e sia perche' altrimenti precipiterebbe $Fe(OH)_3$, molto poco solubile); tuttavia la reazione di formazione del complesso e' molto favorita ed e' quindi in grado di spostare l'equilibrio di dissociazione dell'acido fosforico:

\begin{eqnarray*}
H_3PO_4&=&HPO_4^{2-}+2H^+\\
HPO_4^{2-}+Fe^{3+}&=&[Fe(HPO_4^{2-})]^+\\ \hline
H_3PO_4+Fe^{3+}&=&[Fe(HPO_4^{2-})]^++2H^+
\end{eqnarray*}



Siccome praticamente tutto lo ione $Fe^{3+}$ che si forma viene complessato dallo ione $HPO_4^{2-}$, la reazione analitica in presenza di acido fosforico e' descritta dalla combinazione di due reazioni:

\begin{eqnarray*}
6Fe^{2+}+Cr_2O_7^{2-}+14H^+&\stackrel{K_1}{=}&6Fe^{3+}+2Cr^{3+...
...6H_3PO_4&\stackrel{K_1K_2}{=}&6[Fe(HPO_4^{2-})]^++2Cr^{3+}+7H_2O
\end{eqnarray*}



Come si vede, la costante di equilibrio della reazione analitica in presenza di acido fosforico, $K_1K_2$, e' molto maggiore di quella in sua assenza poiche' il termine $K_2$ e' molto grande. Ma cio' equivale a dire che la presenza dell'acido fosforico causa uno spostamento dell'equilibrio della reazione analitica verso i prodotti e quindi, per quanto detto prima, la curva di titolazione mostrera' un salto piu' pronunciato in corrispondenza al punto finale.


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