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Misura dei potenziali elettrodici ed elettrodi di riferimento

La misura diretta del potenziale elettrodico di un singolo elettrodo non e' sperimentalmente accessibile.

Per convincersene in modo qualitativo, si immagini di voler misurare con un voltmetro la differenza di potenziale fra una sbarretta metallica e la soluzione in cui questa e' immersa. A tale scopo, si dovrebbe collegare il primo puntale dello strumento alla sbarretta e il secondo alla soluzione (figura 1.2).

Figura 1.2: Il tentativo di misurare un singolo potenziale elettrodico con un voltmetro
\begin{figure}
\begin{center}
\input{pot_fig_03.pstex_t}
\end{center}\end{figure}

In tal modo, pero', fra il secondo puntale del voltmetro e la soluzione si avrebbe un'interfaccia del tutto analoga a quella appena discussa: in altre parole il sistema costituito dal secondo puntale del voltmetro immerso nella soluzione rappresenterebbe un secondo elettrodo, caratterizzato anch'esso da un suo potenziale elettrodico. L'insieme dei due elettrodi cosi' ottenuto costituisce una cella elettrochimica.

Conseguentemente, la differenza di potenziale misurata dal voltmetro sarebbe data da:


\begin{displaymath}
ddp = E(M)-E(S) + E(S)-E(M^\prime) = E_M-E_{M^\prime}
\end{displaymath}

dove $M^\prime$ e' il metallo di cui sono costituiti i puntali del voltmetro e si sono indicate con $E_M$ ed $E_{M^\prime}$ le differenze di potenziale fra metallo e soluzione, cioe' i potenziali elettrodici (si e' altresi' assunta trascurabile la differenza di potenziale di contatto fra il puntale del voltmetro e la sbarretta metallica: tale differenza di potenziale e' presente quando $M$ ed $M^\prime$ sono due metalli diversi).

Da quanto detto dovrebbe risultare evidente che solo la differenza fra i potenziali elettrodici di due elettrodi accoppiati in una cella e' sperimentalmente accessibile (figura 1.3).

Figura 1.3: Schematizzazione di una cella elettrochimica
\begin{figure}
\begin{center}
\input{pot_fig_04.pstex_t}
\end{center}\end{figure}

Nel caso piu' semplice (cioe' a meno di potenziali di giunto, vedere oltre), tale differenza di potenziale e' data, come si e' appena visto nel caso del voltmetro, da:


\begin{displaymath}
ddp=E_{M_1}-E_{M_2}
\end{displaymath}

(si ricordi che $E_{M_1}$ e' il potenziale elettrodico dell'elettrodo 1 cioe': $E_{M_1}=E(M_1)-E(S)$; lo stesso vale per $E_{M_2}$: $E_{M_2}=E(M_2)-E(S)$)

Il fatto che ne' $E_{M_1}$ ne' $E_{M_2}$ siano singolarmente accessibili, ma sia possibile misurare solo la loro differenza suggerisce una definizione ``operativa'' di potenziale elettrodico: in una cella come quella schematizzata in figura 1.3, si puo' variare l'elettrodo $M_1$, mantenendo fisso quello $M_2$ ed assegnare al potenziale elettrodico dell'elettrodo $M_1$ il valore numerico della differenza di potenziale misurata. E' evidente che il valore numerico assegnato in tal modo al potenziale elettrodico dell'elettrodo $M_1$ e' arbitrario (come si e' visto, esso e' in realta' la differenza $\left(E_{M_1}-E_{M_2}\right)$): tuttavia, la differenza fra due qualsiasi potenziali elettrodici cosi' definiti e' identica alla differenza tra i loro valori ``assoluti'' (sperimentalmente inaccessibili):

\begin{eqnarray*}
\left(E_{M_1}-E_{M_2}\right)-\left(E_{M_1^\prime}-E_{M_2}\right)&=&E_{M_1}-E_{M_1^\prime}
\end{eqnarray*}



Inoltre, se indichiamo con $E_{abs}$ il potenziale elettrodico ``assoluto'' ( cioe' la differenza di potenziale fra metallo e soluzione) e con $E_{rel}$ quello ``relativo'' (cioe' la differenza di potenziale misurata in una cella costituita dall'elettrodo in questione $M_1$ e da un elettrodo di riferimento $M_2$), allora, per quanto appena visto, deve valere:

\begin{eqnarray*}
E_{rel,M_1}&=&E_{abs,M_1}-E_{abs,M_2}\\
&=&E^0_{abs,M_1}+\fra...
...\
&=&E^0_{rel,M_1}+\frac{RT}{nF}\ln\left(a_{M^{n+}_1}\right)\\
\end{eqnarray*}



dove $E^0_{rel,M_1}=\left(E^0_{abs,M_1}-E_{abs,M_2}\right)$ e' il potenziale standard dell'elettrodo $M_1$ ``relativo'' al riferimento $M_2$.

Appare cosi' evidente che la legge di Nernst mantiene la sua validita' anche quando al posto del potenziale elettrodico ``assoluto'' si impieghi quello ``relativo'' appena definito. Nel seguito non si fara' percio' distinzione fra queste due grandezze, anche se la loro differenza concettuale non deve essere mai dimenticata.

Il potenziale elettrodico $E_{M_2}$ deve rimanere costante al variare dei diversi partners $M_1$: solo in tal modo, infatti, e' possibile associare le variazioni della differenza di potenziale misurata interamente alla natura di $M_1$. Un elettrodo $M_2$ il cui potenziale resti costante al variare del partner a cui e' accoppiato in una cella si chiama elettrodo di riferimento. Proprio a causa della necessita' di avere un potenziale costante, gli elettrodi di riferimento devono soddisfare ben precisi criteri di fabbricazione; in particolare, la fase metallica e la soluzione in cui essa e' immersa devono essere sempre rigorosamente le stesse (il potenziale elettrodico dipende in prima istanza dalla natura e composizione dell'elettrodo!). In linea di principio, qualsiasi sistema elettrodico puo' costituire un riferimento; in pratica, tuttavia, vengono impiegati sistemi dotati di caratteristiche particolarmente convenienti, come elevata stabilita' del potenziale in funzione del tempo e della temperatura, facilita' di costruzione, facile reperibilita' dei materiali costituenti e cosi' via.

Di seguito vengono brevemente descritti alcuni fra i piu' comuni elettrodi di riferimento.

L'elettrodo di riferimento rispetto a cui tutti gli altri potenziali elettrodici vengono riportati (cioe' l'elettrodo $M_2$ della discussione precedente) e' l'elettrodo standard a idrogeno (SHE) il cui principio di funzionamento e' illustrato nella figura 1.4.

Figura 1.4: Schema di un elettrodo standard a idrogeno (parte destra della cella): una piastra di $Pt$ e' immersa in una soluzione ad attivita' protonica unitaria. Sulla soluzione viene mantenuta una atmosfera di idrogeno ( $p_{H_2}=1.0\;atm$) mediante la campana di vetro che racchiude la parte metallica dell'elettrodo
\begin{figure}
\begin{center}
\input{pot_fig_05.pstex_t}
\end{center}\end{figure}

La reazione elettrodica e':


\begin{displaymath}
2H^++2e^-\rightleftharpoons H_2
\end{displaymath}

e il potenziale elettrodico e' dato da:


\begin{displaymath}
E_{SHE}=E^\circ_{H^+/H_2}+\frac{RT}{2F}\ln\left(\frac{{a_{H^+}}^2}{p_{H_2}}\right)
\end{displaymath}

Come prima accennato, si vede che il potenziale elettrodico dipende dalla pressione parziale di idrogeno e dall'attivita' degli ioni $H^+$. Affinche' l'SHE possa essere utilizzato come riferimento, queste due grandezze devono essere mantenute costanti. Si e' stabilito di scegliere $a_{H^+}=p_{H_2}=1$ . In tal modo $E_{SHE}=E^\circ_{H^+/H_2}$ e quest'ultimo valore si assume nullo nelle condizioni specificate.

Sebbene l'SHE sia il riferimento primario, esso e' per lo meno scomodo da usare in pratica. Sono quindi piu' comuni altri elettrodi di riferimento rispetto ai quali i potenziali elettrodici vengono misurati.

Osserviamo che e' sempre possibile riferire all'SHE un potenziale misurato rispetto ad un altro riferimento, conoscendo il potenziale di quest'ultimo rispetto all'SHE. Se indichiamo con:




$E_{abs}$ il potenziale elettrodico ``assoluto'' di un certo elettrodo
$E_{REF}$ il potenziale elettrodico ``assoluto'' di un riferimento qualsiasi
$E_{SHE}$ il potenziale elettrodico ``assoluto'' dell'SHE
$E^{REF}$ il potenziale ``relativo'' dell'elettrodo misurato rispetto al riferimento qualsiasi
$E^{SHE}$ il potenziale ``relativo'' dell'elettrodo misurato rispetto all'SHE
$E^{SHE}_{REF}$ il potenziale ``relativo'' dell'elettrodo di riferimento qualsiasi rispetto all'SHE




allora:

\begin{eqnarray*}
E^{REF}&=&E_{abs}-E_{REF}\\
E^{SHE}_{REF}&=&E_{REF}-E_{SHE}\\
\end{eqnarray*}



e quindi:

\begin{eqnarray*}
E^{REF}+E^{SHE}_{REF}&=&E_{abs}-E_{SHE}\\
&=&E^{SHE}\\
\end{eqnarray*}



Un elettrodo di riferimento di vasto impiego pratico e' l'elettrodo a calomelano saturo (SCE), il cui schema e' mostrato nella figura 1.5.

Figura 1.5: Schematica rappresentazione di un elettrodo di riferimento a calomelano saturo

\begin{psfrags}
\psfrag{dummy}[r][r]{}
\psfrag{M1}[l][l]{{$M_1$}}
\psfrag{Pt}[l]...
...Hg$}}
\psfrag{KCl}[l][l]{{$KCl$}}
\includegraphics {pot_fig_06.eps}\end{psfrags}

La reazione elettrodica e la corrispondente forma della legge di Nernst sono:


\begin{displaymath}
\frac{1}{2}Hg_2Cl_2+e^-\rightleftharpoons Hg+Cl^-
\end{displaymath}


\begin{displaymath}
E=E^\circ_{Hg_2Cl_2/Hg}-\frac{RT}{F}\ln\left(a_{Cl^-}\right)
\end{displaymath}

Una volta fissata l'attivita' degli ioni $Cl^-$, il potenziale dell'SCE e' costante (si noti che l'attivita' del calomelano e del mercurio sono sempre costanti). Il potenziale di questo elettrodo rispetto all'SHE e' di $0.2412\;V$. Oltre alla versione satura, vengono usate altre varianti in cui la concentrazione degli ioni $Cl^-$ e' fissata a $0.1\;M$, $1.0\;M$ etc.

Un altro elettrodo di riferimento molto usato e' quello ad argento cloruro/argento, schematizzato nella figura 1.6

Figura 1.6: Schematica rappresentazione di un elettrodo di riferimento ad argento cloruro/argento
\begin{figure}
\begin{center}
\input{pot_fig_07.pstex_t}
\end{center}\end{figure}

La reazione elettrodica e la corrispondente forma della legge di Nernst sono:


\begin{displaymath}
AgCl+e^-\rightleftharpoons Ag+Cl^-
\end{displaymath}


\begin{displaymath}
E=E^\circ_{AgCl/Ag}-\frac{RT}{F}\ln\left(a_{Cl^-}\right)
\end{displaymath}

e anche in questo caso il potenziale e' fissato dall'attivita' degli ioni cloruro. Il potenziale di questo elettrodo rispetto all'SHE e' di $0.197\;V$.


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